Sonoisterografia

E’ un esame che permette uno studio accurato ed indolore della cavità endometriale, evitando di ricorrere ad un esame invasivo e doloroso che si chiama ISTEROSCOPIA.

Viene eseguito introducendo un sottile catetere sterile monouso all’interno dell’utero: per le dimensioni e la flessibilità del catetere tale manovra non comporta alcun dolore o fastidio.

Successivamente si inseriscono alcuni millilitri di soluzione fisiologica (acqua sterile) la quale, distendendo la cavità uterina, consente di visualizzare, mediante l’ecografia transvaginale, eventuali patologie presenti (polipi endometriali, miomi uterini sottomucosi, iperplasie diffuse dell’endometrio, malformazioni uterine, ecc.).

L’esame dura in media 15 minuti: la paziente può seguirne ogni fase in un apposito monitor, posto sopra il lettino su cui è sdraiata e può colloquiare con il medico che le spiegherà ogni eventuale reperto.

Al termine dell’esame verrà fornito il referto, corredato da immagini a stampa.
Non è un esame particolarmente doloroso, e questo costituisce l’ennesimo vantaggio rispetto alla isteroscopia. La SONOISTEROGRAFIA viene tollerata bene, non richiede l’uso di analgesici ne’ di preparazioni particolari. Solo in un quarto dei casi provoca un modesto dolore pelvico tipo quello provocato dalle mestruazioni, che scompare spontaneamente nel giro di pochi minuti.
L’affidabilità della sonoisterografia è operatore-dipendente. In diversi studi scientifici pubblicati in autorevoli riviste internazionali l’accuratezza di questo esame si è dimostrata piuttosto buona, circa dell’85%.

Pertanto oggi la SONOISTEROGRAFIA dovrebbe costituire l’esame di prima scelta nella valutazione della donna con metrorragia e sospetto di alterazione ecografia endometriale, riservando la isteroscopia diagnostica ed eventualmente operativa solo per i casi conclamati.

Il momento migliore è rappresentato dalla prima metà del ciclo mestruale, possibilmente nei giorni che seguono la comparsa del flusso. In questi giorni infatti la visualizzazione della cavità uterina è resa più facile dalla bassa crescita della mucosa endometriale, e si è sicuri che la donna non sia già gravida.

Prolasso genitale

Tre donne italiane su dieci dai 50 anni in su soffrono di prolasso genitale

Una patologia che compromette seriamente la loro qualità di vita. Il prolasso genitale rappresenta l’espressione del cedimento parziale o totale dei sistemi di sospensione e di sostegno degli organi pelvici. I segmenti che possono essere interessati sono la parete vaginale anteriore e la soprastante vescica ed uretra (uretrocele, cistocele centrale e laterale), la porzione mediana (isterocele o prolasso uterino) la parete vaginale posteriore (rettocele, enterocele); al prolasso degli organi pelvici spesso possono poi associarsi vari gradi e tipologie differenti di incontinenza urinaria.

Talvolta un prolasso di grado elevato, provocando una forte distorsione dell’uretra, può mascherare un’incontinenza urinaria. La correzione del prolasso, riportando in alto la vescica e riallineando l’uretra, rende manifesta l’incontinenza vescicale. Riveste quindi, grande importanza in tutte le pazienti la scelta dell’intervento più idoneo o associare la correzione di questi problemi nella stessa seduta operatoria.

La causa del prolasso utero-vaginale risiede nella lassità e/o lesione delle strutture di sostegno e sospensione degli organi pelvici più comunemente per traumi da parto e/o atrofia postmenopausale.

Esistono diverse classificazioni del prolasso genitale così come diversi modi per valutarne la gradualità dell’espressione clinica e della sintomatologia soggettiva. Quest’ultima è molto variabile.
I sintomi più comuni sono rappresentati da senso di peso, difficoltà a svuotare la vescica (disuria), pollachiuria (minzione frequente), difficoltà alla deambulazione e talora problemi della defecazione.

CLASSIFICAZIONE

La classificazione del prolasso riconosce 4 gradi diversi:

  • I grado: quando la cervice scende al terzo medio della vagina.
  • II grado: quando la cervice raggiunge l’ostio vaginale.
  • III grado: quando la cervice è al di fuori della cervice.
  • IV grado: quando l’intera struttura uterina fuoriesce dal condotto vaginale (Procidentia totale).

TERAPIA

L’incidenza del prolasso genitale è molto elevata, ma solo il 30% delle donne che ne soffrono si rivolge allo specialista. La malattia viene vissuta dalle donne il più delle volte con rassegnazione perché l’imbarazzo e la vergogna le impediscono di affrontare l’argomento. Ma questo disturbo, se curato in modo adeguato, può essere risolto.
La terapia del prolasso genitale è chirurgica e prevede nella maggior parte dei casi una correzione dei deficit strutturali descritti per via vaginale associando o meno l’isterectomia e l’impiego, talora, di materiali protesici.

L’indicazione all’intervento chirurgico per prolasso genitale è valutata in base alla gravità del prolasso e dei disturbi associati. Lo scopo dell’intervento è di migliorare la “qualità di vita” della donna. L’intervento chirurgico abitualmente usato per la correzione di un prolasso genitale è la colpoisterectomia (asportazione dell’utero per via vaginale) associato alla plastica vaginale (rimozione della parete vaginale ridondante).

La plastica vaginale anteriore e posteriore consiste nell’asportazione di una porzione di parete vaginale, seguita dal riposizionamento della vescica e del retto nella normale posizione, ed infine nella sutura della vagina. In caso di incontinenza urinaria da sforzo, associata a prolasso totale, durante la plastica vaginale anteriore si esegue la correzione dell’incontinenza urinaria da sforzo mediante l’uretropessi.

L’intervento prevede il rinforzo delle fasce presenti tra vescica e vagina anteriormente e vagina e retto posteriormente. Le tecniche chirurgiche fino a oggi adottate si basano principalmente sulla ricostruzione del pavimento pelvico usando le strutture fasciali preesistenti; questo tipo di approccio è effettuato prevalentemente per via vaginale ed è associato spesso all’isterectomia.
Ma proprio l’utilizzo di queste strutture ‘native’ spesso deboli può esporre la paziente a rischio di recidiva, che secondo le diverse casistiche presenti in letteratura può oscillare tra il 5 e il 30 % delle pazienti operate a seconda dell’organo interessato (vescica, utero, retto).

È per questo motivo e anche per rendere l’intervento più semplice e meno traumatico che si è pensato all’utilizzo di materiali protesici (reti) che possano garantire una lunga tenuta e non richiedano sempre la contestuale asportazione dell’utero.

Le maggiori perplessità su questo tipo di chirurgia sono legate ai “rischi di erosioni e rigetto”.
Oggi, è possibile personalizzare la cura del prolasso, valutando l’importanza soggettiva dei sintomi e la presenza e la tipizzazione dei disturbi associati.

RISCHI LEGATI ALL’INTERVENTO

I rischi sono quelli legati agli interventi chirurgici in generale: rischi anestesiologici, emorragici, tromboembolici e infettivi. Inoltre, vanno considerati i rischi specifici degli interventi per prolasso genitale e incontinenza urinaria:

  • la recidiva del prolasso, che compare a breve distanza di tempo, se persistono i fattori, che ne hanno determinato l’insorgenza;
  • le alterazioni minzionali come la permanenza o la comparsa dell’incontinenza urinaria, la comparsa di ritenzione urinaria, la comparsa di vescica autonoma, dovuta a danni nervosi della vescica; correggere il prolasso non vuol dire necessariamente correggere anche l’incontinenza urinaria, sintomo che è preferibile eventualmente trattare specificatamente in un momento successivo con l’inserimento di una sling sottouretrale transotturatoria.
  • i disturbi durante i rapporti sessuali, in seguito alla perdita dell’abitabilità vaginale, con conseguente dolore durante i rapporti soprattutto in caso di erosione della MESH. Tale sintomo è sicuramente meno presente ed accentuato in caso di riduzione od assenza di rapporti sessuali. In letteratura é stata segnalata una riduzione dell’attività sessuale ed un incremento della dispareunia dopo utilizzo di mesh posizionate per via vaginale.

Purtroppo l’utilizzo di mesh nella chirurgia del prolasso pelvico è gravato da alcuni svantaggi quali il rischio di infezioni ma soprattutto erosioni od esposizioni secondarie ad inadeguata riparazione chirurgica dei tessuti. Tale rischio di complicanze varia dal 5 al 30%. Probabilmente la causa dell’erosione, compatibilmente con quanto evidenziato anche in letteratura, è data da una compromissione vascolare che ha determinato un’ischemia tissutale.

Norme igienico-comportamentali

L’ecosistema vaginale

Nel nostro corpo è presente un numero elevatissimo di batteri (10 seguito da ben 16 zeri!). I batteri che normalmente abitano sulla superficie del nostro corpo e nel suo interno costituiscono quella che si chiama la “flora batterica”, cioè una popolazione di microrganismi con i quali nel corso dell’evoluzione il nostro organismo ha sviluppato un equilibrio e una sorta di mutuo scambio. Questi batteri vengono chiamati “saprofiti”, e la loro presenza è normale o addirittura utile. Quando si crea una situazione di squilibrio, e predominano determinati tipi di microrganismi che normalmente non dovrebbero esserci, oppure quando la quantità di certi microrganismi che normalmente non dovrebbero esserci, oppure quando la quantità di certi microrganismi saprofiti diventa eccessiva, si parla di batteri “patogeni”, cioè in grado di causare una patologia.

Nella vagina vi è normalmente una flora batterica rappresentata da diversi microrganismi, in equilibrio tra loro, chiamata ecosistema vaginale. I batteri più numerosi in questo ecosistema sono i lattobacilli, o bacilli di Döderlein, dal nome del loro scopritore.

CONSIGLI UTILI

  • Evitare l’uso di indumenti intimi troppo aderenti e/o di tipo sintetico, che riducono la traspirazione; privilegiare l’uso di indumenti di cotone, non colorati.
  • Evitare di indossare jeans o altri tipi di pantalone troppo aderenti.
  • Evitare di far ristagnare l’umidità sui genitali esterni, ma mantenerli sempre asciutti (se necessario usare o cambiare spesso il salvaslip; dopo il bagno in mare o in piscina, cambiare possibilmente subito il costume da bagno).
  • Combattere la stitichezza seguendo una dieta ricca di fibre e solo in caso di necessità ricorrere a blandi lassativi.
  • Dopo la defecazione pulirsi effettuando movimenti dall’avanti all’indietro e non viceversa, per evitare che i batteri contenuti nelle feci possano contaminare i genitali.
  • Anche la pulizia dei genitali va effettuata con movimenti compiuti dall’avanti all’indietro.
  • Lavare la biancheria (mutandine, salviette, asciugamani) ad alta temperatura (90°C); anche quella del partner.
  • Limitare l’assunzione di zuccheri ed alcolici.
  • Prima e dopo ogni rapporto è bene detergere i genitali (anche il partner).


IN CASO DI VAGINITE IN ATTO

  • Non usare assorbenti interni (soprattutto durante la notte) ed in ogni caso sostituirli frequentemente, intensificando le misure igieniche nel periodo mestruale.
  • Il tipo di detergente da usare è diverso a seconda dei tipi di vaginite: se questa è sostenuta da una Candida usare un prodotto a PH neutro, se da altri microrganismi a PH acido.
  • Dopo un rapporto sessuale e dopo un flusso mestruale effettuare una irrigazione vaginale con un antimicotico se vi era Candida, con un prodotto a PH acido se la vaginite era sostenuta da altri microrganismi.
  • E’ consigliabile fare la doccia piuttosto che il bagno e comunque non usare bagnoschiuma, saponi profumati e spray deodoranti.
  • Evitare i rapporti sessuali fino alla scomparsa dei sintomi.
  • E’ utile l’uso del profilattico anche in caso di rapporti anali; ed in caso di rapporti anali senza preservativo non è consigliabile utilizzare successivamente la via vaginale.
  • Per altri metodi contraccettivi (pillola, spirale) consultare il proprio Ginecologo, in quanto in base al tipo di vaginite, può essere consigliato l’uno o l’altro metodo.
  • Correggere l’eventuale presenza di fattori favorenti la vaginite (come ectropion cervicale, atrofia menopausale) consultando il proprio Ginecologo.
  • Dopo una terapia con antibiotici e cortisonici, in caso di pregresse vaginiti da Candida, può essere utile un antimicotico per via generale (consultare però sempre il proprio Ginecologo).

Isteroscopia diagnostica e operativa

L’isteroscopia è indicata nei casi di: infertilità, anomali sanguinamenti uterini, polipi cervicali, ecografie e idrosonografie patologiche, miomi sottomucosi, diagnosi e monitoraggio dell’iperplasia, ecc.

La tecnologia in questi ultimi anni ha permesso la creazione di una nuova generazione di isteroscopi di piccolo diametro basati sia su sistemi di lenti che su fibre ottiche, di diametro variabile tra 2.9 e 5 mm. Con questi strumenti è infatti possibile eseguire interventi anche durante lo stesso procedimento diagnostico ambulatoriale (come biopsie multiple, polipectomie) e, quel che più è importante, senza ricorrere ad alcun tipo di sedazione o anestesia.

I nuovi sistemi di coagulazione sono strumenti innovativi che hanno permesso di trasformare l’isteroscopia operativa in ambulatoriale. Tali strumenti vaporizzano, tagliano od essicano il tessuto. La cavità uterina è virtuale per cui, per eseguire una isteroscopia operativa, deve essere distesa usando acqua sterile (Chirurgia Subacquea). Per ridurre la sintomatologia dolorosa provocata dall’uso di strumenti accessori (speculum, pinze da collo) è stata creata una nuova via di approccio, quella vaginoscopica. E’ stato eliminato l’uso sia dello speculum che della pinza da presa per la portio, causa frequente di dolore e di complicazioni (es. riflesso vagale).

L’isteroscopio è introdotto quindi direttamente nella vagina che a sua volta viene dilatata con lo stesso mezzo usato per la distensione dell’utero, cioè acqua fisiologica sterile. Una volta evidenziata la portio ed appoggiata la punta dello strumento sull’OUE si dà inizio all’isteroscopia diagnostica od operativa vera e propria. Inoltre, se il procedimento si esegue senza anestesia generale, sempre per evitare riflessi vagali, si può somministrare per via sublinguale una dose di Atropina 0,5 mg. A volte alcune pazienti necessitano dell’iniezione di un anestetico locale (Carbocaina) con blocco paracervicale tramite dispositivo NEUPAB.

Durante il procedimento endoscopico il prelievo di uno o più campioni di tessuto endometriale viene sempre sottoposto ad esame istologico di controllo la cui risposta tarda circa 10 gg (alla paziente verrà programmata una data in cui deve ritirare il referto ).

Le principali indicazioni dell’isteroscopia sono:

  • Anomali sanguinamenti uterini (AUB: abnormal uterine bleeding)
  • Infertilità (studio del fattore uterino; indispensabile nelle tecniche di fecondazione assistita)
  • Polipi cervicali (controllo della base di impianto e della cavità-polipi sentinella)
  • Diagnosi e monitoraggio dell’iperplasia endometriale a basso ed alto rischio (EH e EIN)
  • Miomi sottomucosi o parzialmente intramurali (G1—G2)
  • Controllo prechirurgico nel caso di interventi conservativi per patologia benigna
  • Stadiazione del cancro dell’endometrio
  • Sindrome di Asherman (amenorrea, ipomenorrea, dismenorrea con diagnosi di sospetto posta dopo una ISG)
  • Lost IUD (spirale persa in utero)
  • Dimorfismi uterini
  • Controllo dopo resezioni isteroscopiche o resettoscopia (prevenzione delle sinechie)
  • Ecografie e idrosonografie patologiche (ispessimento endometriale, sospetti di neoformazioni, iperplasie, cancro)
  • Pap test e citologia endometriale patologici
  • Curettage negativo o dubbio
  • Monitoraggio del trattamento con Tamoxifene
  • Monitoraggio della HRT in menopausa

Ci sono invece situazioni che possono rendere difficile l’esecuzione dell’esame, come stenosi del
canale cervicale, utero prolassato, marcata retro o anteroflessione, ma non rappresentano delle
controindicazioni.

Vere e proprie CONTROINDICAZIONI invece sono:

  • P.I.D. (Malattia Infiammatoria Pelvica, per il possibile rischio di riacutizzazione e disseminazione dell’infezione, e/o rottura di un sactosalpinge)
  • Cancro della cervice invasivo (per il rischio di sanguinamento, perforazione e disseminazione metastatica)
  • Mestruazioni in atto (per la difficoltà di visione, interpretazione e diffusione di endometrio attraverso le salpingi)
  • Gravidanza
  • Sanguinamenti
  • Cardiopatie