Norme igienico-comportamentali

L’ecosistema vaginale

Nel nostro corpo è presente un numero elevatissimo di batteri (10 seguito da ben 16 zeri!). I batteri che normalmente abitano sulla superficie del nostro corpo e nel suo interno costituiscono quella che si chiama la “flora batterica”, cioè una popolazione di microrganismi con i quali nel corso dell’evoluzione il nostro organismo ha sviluppato un equilibrio e una sorta di mutuo scambio. Questi batteri vengono chiamati “saprofiti”, e la loro presenza è normale o addirittura utile. Quando si crea una situazione di squilibrio, e predominano determinati tipi di microrganismi che normalmente non dovrebbero esserci, oppure quando la quantità di certi microrganismi che normalmente non dovrebbero esserci, oppure quando la quantità di certi microrganismi saprofiti diventa eccessiva, si parla di batteri “patogeni”, cioè in grado di causare una patologia.

Nella vagina vi è normalmente una flora batterica rappresentata da diversi microrganismi, in equilibrio tra loro, chiamata ecosistema vaginale. I batteri più numerosi in questo ecosistema sono i lattobacilli, o bacilli di Döderlein, dal nome del loro scopritore.

CONSIGLI UTILI

  • Evitare l’uso di indumenti intimi troppo aderenti e/o di tipo sintetico, che riducono la traspirazione; privilegiare l’uso di indumenti di cotone, non colorati.
  • Evitare di indossare jeans o altri tipi di pantalone troppo aderenti.
  • Evitare di far ristagnare l’umidità sui genitali esterni, ma mantenerli sempre asciutti (se necessario usare o cambiare spesso il salvaslip; dopo il bagno in mare o in piscina, cambiare possibilmente subito il costume da bagno).
  • Combattere la stitichezza seguendo una dieta ricca di fibre e solo in caso di necessità ricorrere a blandi lassativi.
  • Dopo la defecazione pulirsi effettuando movimenti dall’avanti all’indietro e non viceversa, per evitare che i batteri contenuti nelle feci possano contaminare i genitali.
  • Anche la pulizia dei genitali va effettuata con movimenti compiuti dall’avanti all’indietro.
  • Lavare la biancheria (mutandine, salviette, asciugamani) ad alta temperatura (90°C); anche quella del partner.
  • Limitare l’assunzione di zuccheri ed alcolici.
  • Prima e dopo ogni rapporto è bene detergere i genitali (anche il partner).


IN CASO DI VAGINITE IN ATTO

  • Non usare assorbenti interni (soprattutto durante la notte) ed in ogni caso sostituirli frequentemente, intensificando le misure igieniche nel periodo mestruale.
  • Il tipo di detergente da usare è diverso a seconda dei tipi di vaginite: se questa è sostenuta da una Candida usare un prodotto a PH neutro, se da altri microrganismi a PH acido.
  • Dopo un rapporto sessuale e dopo un flusso mestruale effettuare una irrigazione vaginale con un antimicotico se vi era Candida, con un prodotto a PH acido se la vaginite era sostenuta da altri microrganismi.
  • E’ consigliabile fare la doccia piuttosto che il bagno e comunque non usare bagnoschiuma, saponi profumati e spray deodoranti.
  • Evitare i rapporti sessuali fino alla scomparsa dei sintomi.
  • E’ utile l’uso del profilattico anche in caso di rapporti anali; ed in caso di rapporti anali senza preservativo non è consigliabile utilizzare successivamente la via vaginale.
  • Per altri metodi contraccettivi (pillola, spirale) consultare il proprio Ginecologo, in quanto in base al tipo di vaginite, può essere consigliato l’uno o l’altro metodo.
  • Correggere l’eventuale presenza di fattori favorenti la vaginite (come ectropion cervicale, atrofia menopausale) consultando il proprio Ginecologo.
  • Dopo una terapia con antibiotici e cortisonici, in caso di pregresse vaginiti da Candida, può essere utile un antimicotico per via generale (consultare però sempre il proprio Ginecologo).

Isteroscopia diagnostica e operativa

L’isteroscopia è indicata nei casi di: infertilità, anomali sanguinamenti uterini, polipi cervicali, ecografie e idrosonografie patologiche, miomi sottomucosi, diagnosi e monitoraggio dell’iperplasia, ecc.

La tecnologia in questi ultimi anni ha permesso la creazione di una nuova generazione di isteroscopi di piccolo diametro basati sia su sistemi di lenti che su fibre ottiche, di diametro variabile tra 2.9 e 5 mm. Con questi strumenti è infatti possibile eseguire interventi anche durante lo stesso procedimento diagnostico ambulatoriale (come biopsie multiple, polipectomie) e, quel che più è importante, senza ricorrere ad alcun tipo di sedazione o anestesia.

I nuovi sistemi di coagulazione sono strumenti innovativi che hanno permesso di trasformare l’isteroscopia operativa in ambulatoriale. Tali strumenti vaporizzano, tagliano od essicano il tessuto. La cavità uterina è virtuale per cui, per eseguire una isteroscopia operativa, deve essere distesa usando acqua sterile (Chirurgia Subacquea). Per ridurre la sintomatologia dolorosa provocata dall’uso di strumenti accessori (speculum, pinze da collo) è stata creata una nuova via di approccio, quella vaginoscopica. E’ stato eliminato l’uso sia dello speculum che della pinza da presa per la portio, causa frequente di dolore e di complicazioni (es. riflesso vagale).

L’isteroscopio è introdotto quindi direttamente nella vagina che a sua volta viene dilatata con lo stesso mezzo usato per la distensione dell’utero, cioè acqua fisiologica sterile. Una volta evidenziata la portio ed appoggiata la punta dello strumento sull’OUE si dà inizio all’isteroscopia diagnostica od operativa vera e propria. Inoltre, se il procedimento si esegue senza anestesia generale, sempre per evitare riflessi vagali, si può somministrare per via sublinguale una dose di Atropina 0,5 mg. A volte alcune pazienti necessitano dell’iniezione di un anestetico locale (Carbocaina) con blocco paracervicale tramite dispositivo NEUPAB.

Durante il procedimento endoscopico il prelievo di uno o più campioni di tessuto endometriale viene sempre sottoposto ad esame istologico di controllo la cui risposta tarda circa 10 gg (alla paziente verrà programmata una data in cui deve ritirare il referto ).

Le principali indicazioni dell’isteroscopia sono:

  • Anomali sanguinamenti uterini (AUB: abnormal uterine bleeding)
  • Infertilità (studio del fattore uterino; indispensabile nelle tecniche di fecondazione assistita)
  • Polipi cervicali (controllo della base di impianto e della cavità-polipi sentinella)
  • Diagnosi e monitoraggio dell’iperplasia endometriale a basso ed alto rischio (EH e EIN)
  • Miomi sottomucosi o parzialmente intramurali (G1—G2)
  • Controllo prechirurgico nel caso di interventi conservativi per patologia benigna
  • Stadiazione del cancro dell’endometrio
  • Sindrome di Asherman (amenorrea, ipomenorrea, dismenorrea con diagnosi di sospetto posta dopo una ISG)
  • Lost IUD (spirale persa in utero)
  • Dimorfismi uterini
  • Controllo dopo resezioni isteroscopiche o resettoscopia (prevenzione delle sinechie)
  • Ecografie e idrosonografie patologiche (ispessimento endometriale, sospetti di neoformazioni, iperplasie, cancro)
  • Pap test e citologia endometriale patologici
  • Curettage negativo o dubbio
  • Monitoraggio del trattamento con Tamoxifene
  • Monitoraggio della HRT in menopausa

Ci sono invece situazioni che possono rendere difficile l’esecuzione dell’esame, come stenosi del
canale cervicale, utero prolassato, marcata retro o anteroflessione, ma non rappresentano delle
controindicazioni.

Vere e proprie CONTROINDICAZIONI invece sono:

  • P.I.D. (Malattia Infiammatoria Pelvica, per il possibile rischio di riacutizzazione e disseminazione dell’infezione, e/o rottura di un sactosalpinge)
  • Cancro della cervice invasivo (per il rischio di sanguinamento, perforazione e disseminazione metastatica)
  • Mestruazioni in atto (per la difficoltà di visione, interpretazione e diffusione di endometrio attraverso le salpingi)
  • Gravidanza
  • Sanguinamenti
  • Cardiopatie

Intervento laparoscopico ginecologico

La laparoscopia è una tecnica chirurgica che, a differenza della chirurgia tradizionale che comporta l’apertura dell’addome attraverso una ampia incisione chirurgica, consente di operare, utilizzando strumentazione appositamente predisposta, attraverso alcune piccole incisioni di meno di 1 cm ognuna.

TECNICA

La laparoscopia è una tecnica chirurgica che, a differenza della chirurgia tradizionale che comporta l’apertura dell’addome attraverso una ampia incisione chirurgica, consente di operare, utilizzando strumentazione appositamente predisposta, attraverso alcune piccole incisioni di meno di 1 cm ognuna.

Per questo motivo la laparoscopia è da considerare una tecnica chirurgica meno invasiva della chirurgia addominale tradizionale. Si esegue quindi una prima incisione in prossimità dell’ombelico, attraverso la quale con un ago particolare si introduce del gas (anidride carbonica) per poter distendere la cavità addominale; ciò è utile per avere una adeguata visione e un sufficiente spazio per eseguire i veri e propri atti chirurgici nell’ addome. Attraverso la stessa incisione si introduce il laparoscopio, un particolare strumento ottico, collegato ad una fonte luminosa e ad un sistema video (telecamera + monitor + videoregistratore), attraverso il quale si esamina l’ interno di tutta la cavità addominale e pelvica, con una visione diretta di tutti gli organi. Quindi si eseguono solitamente altre due piccole incisioni addominali, attraverso le quali si introducono gli strumenti chirurgici veri e propri (pinze, forbici, aghi, elettrobisturi, aspiratore,ecc.), in modo da operare sotto il controllo visivo fornito dal sistema video precedentemente descritto.
Attraverso la vagina talvolta si introduce nell’utero uno strumento (manipolatore) che serve per poter muovere l’ utero secondo necessità nel corso dell’intervento. Terminato l’ intervento, si estrae la strumentazione favorendo attraverso le incisioni addominali la fuoriuscita del gas precedentemente introdotto, e quindi si suturano le piccole incisioni chirurgiche. Solitamente la paziente viene dimessa 1-2 giorni dopo l’ intervento. La laparoscopia trova nella chirurgia ginecologica odierna sempre più indicazioni. La maggior parte delle patologie che in passato venivano trattate con la chirurgia tradizionale, oggi possono essere affrontate per via laparoscopica.

INDICAZIONI

Le indicazioni più frequenti alla laparoscopia:

  • INFERTILITA’ E STERILITÀ
    Spesso la laparoscopia è una tappa d’obbligo nell’iter diagnostico sull’infertilità.
    Infatti solo con la laparoscopia è possibile documentare la normalità degli organi pelvici, l’eventuale esistenza di aderenze che alterano i normali rapporti fra tube e ovaio, l’eventuale esistenza di endometriosi. Inoltre in corso di laparoscopia è possibile verificare lo stato della mucosa del padiglione, la presenza di aderenze al suo interno ma soprattutto la pervietà delle tube. A questo scopo infatti, nello studio della fertilità, si esegue la Cromosalpingoscopia con bleu di Metilene, che è in grado di valutare con un’ottima sensibilità il passaggio del colorante attraverso le salpingi. Inoltre si esegue per giungere alla diagnosi in alcune condizioni cliniche (dolore pelvico cronico, sterilità, ecc.) che non si riescono a spiegare con altri metodi di indagine (ecografia, esami di laboratorio, ecc.). In questi casi spesso la laparoscopia consente di formulare una diagnosi precisa e al tempo stesso consente di intervenire sulle patologie riscontrate (aderenze, endometriosi, ecc.).
  • ADERENZE PELVICHE
    Queste consistono in tessuto fibroso che fa si che organi pelvici e addominali aderiscano fra di loro. Aderenze pelviche, che solitamente possono essere riconosciute solo con la laparoscopia, si riscontrano spesso in pazienti che soffrono di dolore pelvico cronico o di sterilità. I risultati per via laparoscopica sono eccellenti e permettono nella maggioranza dei casi di liberare completamente le pelvi.
  • CISTI E PATOLOGIE OVARICHE E TUBARICHE
    Possono essere rimosse cisti di qualunque dimensione e struttura, integre o previa aspirazione, enucleando la capsula cistica e preservando il tessuto ovarico sano. Tale patologie ovariche annoveriamo l’idrosalpingi (raccolta di essudato sieroso nel lume della salpinge, dovuta in genere a occlusione o stenosi dell’estremità dell’organo) o il pio salpinge (raccolta di pus nella salpinge, dovuta ad un processo infiammatorio).
  • ENDOMETRIOSI
    L’ endometriosi è una delle indicazioni più frequenti alla laparoscopia. Spesso la diagnosi di endometriosi viene fatta per la prima volta o confermata grazie alla laparoscopia. L’operatività chirurgica laparoscopica in caso di endometriosi sarà variabile in rapporto alla entità e allo sviluppo dell’endometriosi stessa. Nei casi di minore gravità ci si limiterà alla semplice diatermocoagulazione (o causticazione) di piccoli focolai endometriosici. In altri casi potrà rendersi necessario liberare gli organi pelvici da aderenze spesso tenaci. Molto spesso l’ intervento consiste nella asportazione di cisti ovariche di tipo endometriosico e talora può rendersi necessaria l’asportazione dell’ovaio.
  • GRAVIDANZA EXTRAUTERINA
    Rappresenta una delle migliori indicazioni alla laparoscopia chirurgica perché se effettuata entro la 8a – 9a settimana di gravidanza permette di risparmiare la tuba interessata con un ripristino della funzionalità in una gran parte dei casi. Nei casi in cui la tuba sede della gravidanza risulti marcatamente danneggiata dalla gravidanza stessa può essere opportuna la rimozione della tuba stessa (salpingectomia).
  • MIOMECTOMIA
    I fibromi uterini, sia intramurali sia a sviluppo sottosieroso, anche di oltre 8-10 cm di diametro, possono essere asportati per via laparoscopica. Vengono rimossi dalla cavità addominale dopo averli frantumati.

Quest’intervento a volte può richiedere una incisione cutanea più grande (al massimo 2 cm).

ISTERECTOMIA

In taluni casi è possibile eseguire per via laparoscopica anche l’ isterectomia.
Anche questo intervento può essere eseguito con diverse modalità prevedendo in taluni casi la possibilità di conservare il collo uterino. Le ovaie possono essere conservate o asportate a seconda della scelta della paziente.

ALGIE PELVICHE CRONICHE

Il dolore pelvico cronico è una situazione molto frequente nelle giovani donne in fase di attività ovarica. Le sue cause sono da ricercarsi fra una serie molto nutrita di situazioni patologiche che possono coinvolgere:
a) l’apparato genitale b) l’apparato urinario c) l’apparato digerente d) il sistema nervoso periferico e) la muscolatura interna del bacino. Al di là, poi, delle cause organiche, distinguibili a loro volta in funzionali ed anatomiche, vi sono le cause psicogene o neurovegetative, che non hanno un substrato “fisico” ma solo ed esclusivamente psichico. Ovviamente, nel caso si tratti di un malessere su basi organiche, al dolore pelvico si associano altri sintomi e segni che possono già anamnesticamente orientare sull’organo o sull’apparato d’origine del dolore stesso. Pur essendo la semeiotica fisica importante nel cercare di capire l’origine di un dolore pelvico cronico (visita dell’addome, visita ginecologica e, per finire, valutazione ortopedica e neurologica (se si sospetta che il dolore pelvico sia , in realtà, un cofenomeno di patologie del rachide o radicolari o del sistema nervoso periferico), molto spesso risulta pressoché impossibile stabilire l’esatta causa e natura del dolore, per cui, terminati questi irrinunciabili passaggi, può essere necessario eseguire accertamenti di diagnostica chirurgica (Laparoscopia). Le cause più frequenti di dolori pelvici a partenza dall’apparato genitale sono: l’endometriosi, la malattia infiammatoria pelvica, le sindromi aderenziali pelviche postchirurgiche o postinfiammatorie, il prolasso genitale e la retroversione uterina, la dismenorrea primaria e i dolori legati all’ovulazione, la sindrome dell’ovaio policistico, le neoplasie benigne o maligne, le complicanze dolorose a seguito di terapie radianti per neoplasie ginecologiche, il varicocele pelvico. Il dolore pelvico presente durante il mese e protratto per 3-6 mesi si definisce cronico. Spesso è un dolore sordo che si accentua in particolari situazioni come durante i rapporti o durante il ciclo mestruale.

VANTAGGI DELLA LAPAROSCOPIA

La laparoscopia, se confrontata con la chirurgia tradizionale, presenta diversi vantaggi. Innanzitutto comporta un minor trauma della parete addominale. Le ferite chirurgiche prodotte sulla parete sono notevolmente ridotte rispetto ad una ferita chirurgica tradizionale, con indubbio vantaggio anche sul piano estetico. La visione in dettaglio degli organi pelvici è migliore (grazie al sistema video) rispetto a quella possibile con la chirurgia tradizionale. Inoltre il non aprire l’ addome comporta un minor trauma per gli organi addominali, e quindi un migliore decorso postoperatorio ed una più rapida ripresa funzionale dell’ intestino. Ciò comporta una minore degenza ospedaliera con una più precoce ripresa delle ordinarie attività lavorative e sociali.

RISCHI E COMPLICANZE DELLA LAPAROSCOPIA

Anche la laparoscopia, come tutti gli atti medici e chirurgici, può presentare dei rischi. Va considerata la possibilità di rischi di tipo emorragico, e la possibilità di lesioni a carico di organi addominali, ad esempio dell’ intestino. La possibilità di tali complicazioni è anche in relazione alla maggiore o minore complessità dell’ intervento; ad esempio vi è un rischio minore in caso di laparoscopia diagnostica, in confronto ai rischi possibili in caso di intervento per un’ endometriosi severa. Una maggiore possibilità di rischio o di difficoltà tecnica è anche in relazione alle caratteristiche della paziente. Ad esempio in caso di obesità marcata della paziente può addirittura essere impossibile l’ esecuzione della laparoscopia. Infine sono prevedibili maggiori difficoltà e quindi maggior rischio di complicanze nell’ eseguire una laparoscopia su una paziente che ha già subito più interventi chirurgici addominali; in tal caso infatti è possibile che a causa dei precedenti interventi vi sia in cavità addominale una più o meno complessa situazione aderenziale. A causa di difficoltà tecniche o di complicanze può talora essere necessario convertire l’ intervento in forma tradizionale, cioè con l’apertura dell’ addome. Non deve destare particolare preoccupazione la comparsa, nelle ore successive all’ intervento, di dolore alle spalle. Tale sintomo è dovuto al gas usato per ottenere la necessaria distensione addominale, e spontaneamente regredisce nell’ arco di circa una giornata. Nei primi giorni dopo l’ intervento è possibile che la paziente noti scarse perdite di sangue dalla vagina. Anche questo non è un sintomo preoccupante, in quanto potrebbe essere dovuto all’inserimento nell ‘ utero del manipolatore all’ inizio dell’ intervento e rimosso alla fine.

Endometriosi

L’endometriosi è una malattia spesso progressiva, dove alcune cellule della mucosa uterina s’impiantano al di fuori dell’utero.

I focolai endometriosici si trovano soprattutto nel basso ventre (ovaie, intestino o vescica), più raramente in altri organi (cute, polmoni) dove vengono stimolati dagli ormoni che provocano il ciclo mestruale. Come la mucosa uterina – denominata endometrio – i focolai endometriosici ciclicamente crescono e sanguinano.
La causa dello sviluppo dell’endometriosi, non è stata ancora chiarita. Emorragie mestruali prolungate o cicli abbreviati ne aumentano il rischio. Ma anche fattori genetici e sostanze inquinanti, come ad es. la diossina, aumentano la predisposizione all’endometriosi. Una delle cause nella formazione dell’endometriosi è la mestruazione retrograda che vuol dire un flusso parziale del sangue mestruale attraverso le tube nella cavità addominale. Questo sangue contiene delle cellule vitali della mucosa uterina. Se le cellule possiedono una resistenza particolare e la donna presenta una certa debolezza della difesa organica, possono sopravvivere nell’addome, aderire al peritoneo e perfino crescervi.

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Endometriosi lieve

L’endometriosi viene classificata in stadi a seconda del suo aspetto. In un’endometriosi lieve si osservano focolai endometriosici isolati, che aderiscono all’esterno della parete uterina, alle tube ed alle ovaie.

Endometriosi avanzata

Nelle ovaie si possono formare delle cisti dove si raccoglie il sangue mestruale. Quando tali cisti vengono incise nel corso di un intervento, questo sangue appare come una massa viscosa di colore brunastro o nero. Per questo motivo le cisti in oggetto sono chiamate anche cisti cioccolato.
I sanguinamenti ciclici del focolaio endometriosico, stimolano la continua irritazione del peritoneo con conseguente formazione di cicatrici (aderenze). I focolai endometriosici penetrano in altri organi e tessuti adiacenti come intestino, vescica ed uretere: dilagando nella cavità addominale.

L’ENDOMETRIOSI E’ UNA MALATTIA SEMPRE PIU’ FREQUENTE

L’endometriosi è una malattia benigna ma spesso progressiva. Le particelle della mucosa aderenti al peritoneo, subiscono le stesse modificazioni cicliche delle cellule «normali» dell’utero.
Provocano un’emorragia che non può defluire all’esterno come la mestruazione, ma che si raccoglie nella cavità addominale. Questo porta vari disturbi, come dolori, turbe organiche o perfino danni a carico dei tessuti. Anche la sterilità può esserne una conseguenza. Raramente particelle della mucosa vengono trasportate attraverso le vie linfatiche (ad es. nell’ombelico) o attraverso le vie ematiche (ad es. nei polmoni). L’endometriosi progredisce per lo più con il passare del tempo. Continuano a formarsi nuovi focolai di mucosa, aumentando i disturbi. Ad ogni sanguinamento queste zone endometriosiche provocano una reazione infiammatoria nell’area circostante. Inoltre, particelle della mucosa aderiscono oppure infiltrano altri organi (vescica, intestino, ecc.).
Ciò può alterare la funzionalità degli organi colpiti e determinare sintomi tipici come dolori renali, dolori durante la defecazione o la minzione. Così pure è possibile la comparsa di coliche o di dolori diffusi al basso ventre. L’obiettivo di ogni trattamento consiste nell’interrompere questo processo, eliminando l’endometriosi o impedire l’estendersi della malattia.

ENDOMETRIOSI E DOLORE

All’inizio della malattia i dolori si manifestano soprattutto durante le mestruazioni oppure si presentano solo in situazioni particolari come ad es. dopo un rapporto sessuale, alla minzione o alla defecazione. L’endometriosi spesso provoca disturbi inizialmente modesti, poi progressivamente più forti ed a volte intollerabili (dolori cronici, ciclici oppure persistenti, nella zona del basso addome). Il quadro delle manifestazioni dell’endometriosi è molteplice. Il grado di gravità della malattia non sempre corrisponde all’intensità dei sintomi. I disturbi variano a seconda dell’invasione endometriosica, ed a seconda dell’interessamento dei vari organi. I danni che ne derivano come aderenze e cicatrici portano dolori anche indipendenti dal ciclo.
Oltre ai dolori che l’endometriosi provoca nel luogo delle loro attività, molte donne che ne sono affette lamentano anche sintomi poco specifici che possono interferire sensibilmente sulle loro condizioni generali. Questi sintomi sono rappresentati, ad es., da un senso generale di malessere, disturbi addominali diffusi, senso di pesantezza, mancanza di forza, stanchezza cronica e sbalzi dell’umore.

ENDOMETRIOSI E INFERTILITA’

L’endometriosi porta ad irritazioni ed infiammazioni dei tessuti, che si ripresentano con il ritmo del ciclo mensile. A causa di queste infiammazioni vengono rilasciati fattori biochimici particolari che influenzano la maturazione degli ovuli, l’ovulazione stessa e la fecondazione dell’ovulo. Si formano delle aderenze nell’ambito della mucosa delle tube e della superficie delle ovaie, così che gli ovuli, dopo l’ovulazione, non possono essere correttamente accolti nelle tube.
Le cisti endometriosiche nelle ovaie influenzano direttamente la maturazione degli ovuli, impedendo così una corretta ovulazione.
Focolai dell’endometrio possono provocare una reazione di difesa e quindi essere riconosciuti come estranei dall’organismo ed impedire l’annidamento dell’embrione nell’utero. Anche una forma particolare di endometriosi, la cosiddetta adenomiosi della muscolatura uterina, può disturbare l’annidamento dell’ovulo fecondato.
Focolai endometriosici isolati, che non provocano alcun dolore, possono già essere causa d’infertilità. In caso di sterilità bisogna quindi pensare alla possibilità di un’endometriosi.

TERAPIA DELL’ENDOMETRIOSI

La cura dell’endometriosi ha come scopo queste finalità:

  • Terapia del dolore
  • Terapia della sterilità
  • Esame istologico dei noduli o delle cisti ovariche
  • Chirurgia per grosse cisti ovariche, stenosi ureterale, grave stenosi intestinale

Quale terapia sia quella da impiegare nel singolo caso, dipende in primo luogo dall’obiettivo del trattamento. Per ogni donna affetta dalla malattia esiste una soluzione personalizzata. La forma di terapia o l’eventuale combinazione di diverse terapie devono essere adattate alla paziente in ogni singolo caso. Non tutte le donne hanno bisogno della stessa terapia.

TERAPIA MEDICA

Dato che i focolai endometriosici vengono attivati dagli ormoni sessuali femminili (estrogeni e progestinici), i trattamenti farmacologici sono indirizzati alla regolazione o soppressione dell’effetto di questi ormoni. Ciò viene ottenuto, ad es., con l’assunzione di:

  • ANALOGHI (menopausa)
  • PILLOLA ESTRO-PROGESTINICA
  • PROGESTERONE SENZA INTERRUZIONE
  • MODULATORI BIOLOGICI DELLA DEGNALULAZIONE MASTOCITARIA
  • Cura il sintomo dolore nel 60-70% dei casi
  • Non cura la malattia: alla sospensione della terapia ricompaiono i dolori quasi sempre
  • Complicanze rare come da uso di pillola contraccettiva e osteoporosi con analoghi dopo 12 mesi
  • Vantaggi: evita i rischi della chirurgia e la chirurgia si può sempre fare in caso di fallimento o complicanze della terapia medica
  • Svantaggi: è necessario fare la terapia per anni; non può essere fatta quando si desidera una gravidanza

TERAPIA CHIRURGICA

  1. ASPORTAZIONE COMPLETA DELL’ ENDOMETRIOSI
    (Chirurgia radicale – Eradicazione endometriosi – Asportazione completa dell’ endometriosi)
    Successo sui sintomi 80% Successo sulla sterilità 55%

    A. INDISPENSABILE (ed è controindicata la terapia medica) in caso di:

    • Stenosi (restringimento) degli ureteri con sofferenza renale e rischio di perdere un rene: la diagnosi di questo rischio si fa con una ecografia addominaIe che evidenzia la dilatazione dell’uretere e l’eventuale sofferenza renale ( per i controlli eseguire eco addome ogni 6-12 mesi)
    • Stenosi (restringimento) intestinale a livello del retto-sigma: quando il restringimento supera il 60% il rischio di occlusione è alto; quando supera l’80-90% il rischio di occlusione è altissimo.
    • Sintomi: nessuno, dolore alla defecazione, feci piccole specie durante il mestruo o l’ovulazione.
    • Endometriosi a livello ileo-colico (fra il piccolo e il grande intestino, vicino all’appendice). In questo caso i sintomi sono assenti e l’occlusione intestinale può essere improvvisa.

    B. CONSIGLIATA MA NON INDISPENSABILE (richiesta dalla paziente o consigliabile) in caso di:

    • Fallimento della terapia medica
    • Sterilità
    • Intervento a basso rischio (quando non è necessaria una resezione intestinale) è vantaggiosa rispetto alla terapia medica perché si confrontano due o tre ore di intervento rispetto a anni di terapia medica
    • Minor rischio di recidive l’asportazione della sola cisti ovarica non cura il dolore ed espone al rischio di recidiva della cisti con conseguente secondo atto chirurgico con Impoverimento del patrimonio follicolare delle ovaie (rischio di menopausa o scarsa possibilità di avere figli dopo due o tre enucleazioni cisti).
  2. CONTROINDICAZIONI ALLA CHIRURGIA RADICALE
    • Cura della sterilità con fecondazione assistita (FIVET o ICSI) in paziente con assenza o pochi dolori: la chirurgia sembra non dare vantaggi per quanto riguarda i risultati della fecondazione assistita
    • Dolore ben sopportabile
    • Parametri bilateralmente presi (rischio di incapacità a svuotare la vescica quindi auto cateterismo permanente).
  3. ASPORTAZIONE INCOMPLETA DELL’ ENDOMETRIOSI
    (Chirurgia non radicale dell’endometriosi).

    Successo sui sintomi 50% Successo sulla sterilità 40%. Consiste nella asportazione di tutta l’endometriosi lasciando l’endometriosi intestinale o dei parametri:

    • Quando la paziente rifiuta il rischio della resezione intestinale
    • Quando il chirurgo riscontra “parametri bilateralmente presi o estesa endometriosi del trigono vescicale

    Enucleazione cisti ovarica per esame istologico e biopsie:

    • Quando la paziente rifiuta il rischio chirurgico
    • Quando il chirurgo valuta durante l’intervento che non abbia senso asportare tutta l’endometriosi per l’eccessivo rischio chirurgico
  4. NESSUN INTERVENTO CHIRURGICO
    In caso di endometriosi in paziente asintomatica o poco sintomatica che non necessita di esame istologico (in caso ad esempio di recente chirurgia). Sterilità con tube chiuse o grave alterazione dell’esame seminale che necessita di FIVET o ICSI. La paziente preferisce la terapia medica e non vi sono le condizioni di indispensabilità, obbligatorietà all’intervento chirurgico sopra riportate.