Prolasso genitale

Tre donne italiane su dieci dai 50 anni in su soffrono di prolasso genitale

Una patologia che compromette seriamente la loro qualità di vita. Il prolasso genitale rappresenta l’espressione del cedimento parziale o totale dei sistemi di sospensione e di sostegno degli organi pelvici. I segmenti che possono essere interessati sono la parete vaginale anteriore e la soprastante vescica ed uretra (uretrocele, cistocele centrale e laterale), la porzione mediana (isterocele o prolasso uterino) la parete vaginale posteriore (rettocele, enterocele); al prolasso degli organi pelvici spesso possono poi associarsi vari gradi e tipologie differenti di incontinenza urinaria.

Talvolta un prolasso di grado elevato, provocando una forte distorsione dell’uretra, può mascherare un’incontinenza urinaria. La correzione del prolasso, riportando in alto la vescica e riallineando l’uretra, rende manifesta l’incontinenza vescicale. Riveste quindi, grande importanza in tutte le pazienti la scelta dell’intervento più idoneo o associare la correzione di questi problemi nella stessa seduta operatoria.

La causa del prolasso utero-vaginale risiede nella lassità e/o lesione delle strutture di sostegno e sospensione degli organi pelvici più comunemente per traumi da parto e/o atrofia postmenopausale.

Esistono diverse classificazioni del prolasso genitale così come diversi modi per valutarne la gradualità dell’espressione clinica e della sintomatologia soggettiva. Quest’ultima è molto variabile.
I sintomi più comuni sono rappresentati da senso di peso, difficoltà a svuotare la vescica (disuria), pollachiuria (minzione frequente), difficoltà alla deambulazione e talora problemi della defecazione.

CLASSIFICAZIONE

La classificazione del prolasso riconosce 4 gradi diversi:

  • I grado: quando la cervice scende al terzo medio della vagina.
  • II grado: quando la cervice raggiunge l’ostio vaginale.
  • III grado: quando la cervice è al di fuori della cervice.
  • IV grado: quando l’intera struttura uterina fuoriesce dal condotto vaginale (Procidentia totale).

TERAPIA

L’incidenza del prolasso genitale è molto elevata, ma solo il 30% delle donne che ne soffrono si rivolge allo specialista. La malattia viene vissuta dalle donne il più delle volte con rassegnazione perché l’imbarazzo e la vergogna le impediscono di affrontare l’argomento. Ma questo disturbo, se curato in modo adeguato, può essere risolto.
La terapia del prolasso genitale è chirurgica e prevede nella maggior parte dei casi una correzione dei deficit strutturali descritti per via vaginale associando o meno l’isterectomia e l’impiego, talora, di materiali protesici.

L’indicazione all’intervento chirurgico per prolasso genitale è valutata in base alla gravità del prolasso e dei disturbi associati. Lo scopo dell’intervento è di migliorare la “qualità di vita” della donna. L’intervento chirurgico abitualmente usato per la correzione di un prolasso genitale è la colpoisterectomia (asportazione dell’utero per via vaginale) associato alla plastica vaginale (rimozione della parete vaginale ridondante).

La plastica vaginale anteriore e posteriore consiste nell’asportazione di una porzione di parete vaginale, seguita dal riposizionamento della vescica e del retto nella normale posizione, ed infine nella sutura della vagina. In caso di incontinenza urinaria da sforzo, associata a prolasso totale, durante la plastica vaginale anteriore si esegue la correzione dell’incontinenza urinaria da sforzo mediante l’uretropessi.

L’intervento prevede il rinforzo delle fasce presenti tra vescica e vagina anteriormente e vagina e retto posteriormente. Le tecniche chirurgiche fino a oggi adottate si basano principalmente sulla ricostruzione del pavimento pelvico usando le strutture fasciali preesistenti; questo tipo di approccio è effettuato prevalentemente per via vaginale ed è associato spesso all’isterectomia.
Ma proprio l’utilizzo di queste strutture ‘native’ spesso deboli può esporre la paziente a rischio di recidiva, che secondo le diverse casistiche presenti in letteratura può oscillare tra il 5 e il 30 % delle pazienti operate a seconda dell’organo interessato (vescica, utero, retto).

È per questo motivo e anche per rendere l’intervento più semplice e meno traumatico che si è pensato all’utilizzo di materiali protesici (reti) che possano garantire una lunga tenuta e non richiedano sempre la contestuale asportazione dell’utero.

Le maggiori perplessità su questo tipo di chirurgia sono legate ai “rischi di erosioni e rigetto”.
Oggi, è possibile personalizzare la cura del prolasso, valutando l’importanza soggettiva dei sintomi e la presenza e la tipizzazione dei disturbi associati.

RISCHI LEGATI ALL’INTERVENTO

I rischi sono quelli legati agli interventi chirurgici in generale: rischi anestesiologici, emorragici, tromboembolici e infettivi. Inoltre, vanno considerati i rischi specifici degli interventi per prolasso genitale e incontinenza urinaria:

  • la recidiva del prolasso, che compare a breve distanza di tempo, se persistono i fattori, che ne hanno determinato l’insorgenza;
  • le alterazioni minzionali come la permanenza o la comparsa dell’incontinenza urinaria, la comparsa di ritenzione urinaria, la comparsa di vescica autonoma, dovuta a danni nervosi della vescica; correggere il prolasso non vuol dire necessariamente correggere anche l’incontinenza urinaria, sintomo che è preferibile eventualmente trattare specificatamente in un momento successivo con l’inserimento di una sling sottouretrale transotturatoria.
  • i disturbi durante i rapporti sessuali, in seguito alla perdita dell’abitabilità vaginale, con conseguente dolore durante i rapporti soprattutto in caso di erosione della MESH. Tale sintomo è sicuramente meno presente ed accentuato in caso di riduzione od assenza di rapporti sessuali. In letteratura é stata segnalata una riduzione dell’attività sessuale ed un incremento della dispareunia dopo utilizzo di mesh posizionate per via vaginale.

Purtroppo l’utilizzo di mesh nella chirurgia del prolasso pelvico è gravato da alcuni svantaggi quali il rischio di infezioni ma soprattutto erosioni od esposizioni secondarie ad inadeguata riparazione chirurgica dei tessuti. Tale rischio di complicanze varia dal 5 al 30%. Probabilmente la causa dell’erosione, compatibilmente con quanto evidenziato anche in letteratura, è data da una compromissione vascolare che ha determinato un’ischemia tissutale.